Mercato globale alluminio

Il mercato globale dell’alluminio: le opportunità e le sfide

La transizione energetica spinge la domanda di alluminio nel mondo, con un trend di crescita previsto del 2% l’anno. Il sistema europeo dell’alluminio deve però affrontare l’incertezza legata all’approvvigionamento di materia prima e di energia a costo competitivo.

L’alluminio ha avuto una evoluzione notevolissima, nel 1920 la produzione annua mondiale di alluminio primario era inferiore a 200.000 tonnellate e sfiorava la soglia di 25 milioni di tonnellate agli inizi degli anni 2000, che segnano la rapida crescita del metallo leggero in aree come la Cina e il Golfo. Ed è in questo periodo che l’industria a monte dell’alluminio in Unione Europea comincia una fase di declino, che sta proseguendo senza sosta, una preoccupante situazione di deficit di materia prima, con rischi di approvvigionamento a condizioni competitive.

A livello globale nel 2012 la produzione di alluminio primario era di oltre 45 milioni di tonnellate ed è una fase di crescita che continua sino ai giorni nostri. Nel 2022 si è arrivati a quasi 70 milioni di tonnellate, la Cina da sola ha superato 40 milioni di tonnellate e conferma la posizione leader.

All’ultimo posto si conferma l’UE, con un ulteriore calo di produzione a circa 1,3 milioni di tonnellate. È evidente dai dati lo straordinario ritmo di crescita del metallo leggero degli ultimi decenni; di questo passo, con una progressione annua del 2%, secondo l’International Aluminium Institute dovremmo sfiorare i 180 milioni di tonnellate di primario prodotto entro il 2050; con la crescita del mercato del secondario, per cui è previsto un incremento nel prossimo ventennio da 33 a 81 milioni di tonnellate, raggiungeremo oltre 250 milioni di tonnellate di domanda globale di metallo leggero.

Cresce comunque la preoccupazione per l’approvvigionamento di primario in UE, il declino delle produzioni sta proseguendo senza sosta.

Nel quadro generale di positività, importanti questioni centrali alimentano dubbi e incertezze sul futuro del sistema alluminio in UE: i problemi di energia ed ecosostenibilità, con l’ambiziosa sfida alla decarbonizzazione, e la persistente incertezza sulle politiche di trading e di equo accesso alla materia prima, di vitale interesse per le piccole-medie imprese di trasformatori e di utilizzatori a valle, il cuore di questa filiera industriale.

Ecosostenibilità, riciclo e Green Aluminium: le sfide della produzione europea di alluminio

I limiti ambiziosi da rispettare entro un primo step fissato al 2030 e l’obiettivo finale di “zero emissioni” entro il 2050 impongono politiche sempre più impegnative, e gran parte dell’industria dell’alluminio è in prima linea per promuovere la nuova era dell’alluminio green.

Oggi più che mai si prende atto che non tutto l’alluminio primario ha le stesse caratteristiche, e che l’energia impiegata negli smelter può essere estremamente diversa da un sito produttivo all’altro in termini d’impronta di CO2, a seconda della sorgente energetica. Molte importanti aziende al mondo produttrici di metallo primario hanno iniziato a pubblicizzare i brand del loro “virtuoso” alluminio primario, in grado di contribuire al contenimento delle emissioni utilizzando energia pulita ricavata per via idroelettrica o dal solare e adottando tecnologie produttive innovative.

Il riciclo per integrare l’approvvigionamento e per contribuire alla transizione energetica

L’alluminio si presta molto bene al riciclo, rottami di alluminio e sue leghe possono essere riutilizzati senza degradi significativi dei livelli qualitativi metallurgici e tecnologici. Oggi, circa il 75% di tutto l’alluminio primario prodotto in poco meno di 150 anni è ancora in circolazione e i tassi di raccolta dei rottami variano dal 10% al 90% a seconda delle regioni e dei prodotti.

L’ottimizzazione di recupero e riciclo dipenderà da interventi normativi intelligenti inquadrati in una combinazione di nuove tecnologie e un’attenta ridefinizione organizzativa di collaborazione lungo l’intera catena di valore, dai sistemi di restituzione dei depositi, alle fasi di selezione attraverso un’efficiente infrastruttura di raccolta prima che l’alluminio raggiunga la discarica.

L’industria globale della produzione indica come interesse prioritario il corretto impiego del metallo leggero, spingendo per la razionalizzazione degli usi del primario stesso e implementando al massimo possibile l’uso del metallo di produzione secondaria, in risposta alle esigenze di un’industria ecosostenibile, attenta ai valori sociali, allineata alla domanda di un’economia circolare.

Ecosostenibilità per la transizione energetica: la problematica applicazione del meccanismo CBAM

La Commissione Europea ha elaborato una nuova misura per il controllo del carbonio alla frontiera, il CBAM, Carbon Border Adjustment Mechanism, all’interno di un pacchetto di norme ad hoc FIT FOR 55, per l’ambizioso obiettivo dell’UE di una riduzione del 55% delle emissioni di carbonio rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030 e neutralità climatica entro il 2050, secondo il percorso definito dal Green Deal europeo. Nelle sue linee generali, il meccanismo prevede che gli importatori di determinati prodotti all’interno dell’UE acquistino certificati corrispondenti al prezzo del carbonio che sarebbe stato pagato se la merce fosse stata prodotta secondo le norme dell’UE in materia di ETS.

Nel caso in cui un produttore extra UE dimostri di aver già pagato un prezzo per il carbonio utilizzato nella produzione delle merci importate in un paese terzo, il costo corrispondente può essere interamente detratto.

Il CBAM potrebbe rappresentare un danno per le aziende che utilizzano l’alluminio come materia prima, diminuendo la competitività del manifatturiero con un aumento dei prezzi per i consumatori finali; sarà fonte di altri problemi per l’approvvigionamento di un materiale essenziale per molti settori, come l’industria automobilistica e dei trasporti in genere, quella delle costruzioni, del solare, dei prodotti di imballaggio, l’elettrotecnica.

A differenza dell’impostazione del CBAM, l’Inflation Reduction Act IRA, un pacchetto di agevolazioni fiscali e investimenti da 400 miliardi di dollari (369 miliardi di euro) per decarbonizzare l’economia statunitense, introdotto negli USA per analoghe finalità di ecosostenibilità, rappresenta un approccio più equo ed efficace per promuovere la sicurezza ambientale. Prevede misure che promuovono la riduzione delle emissioni di gas serra e il supporto alle energie rinnovabili, senza creare distorsioni nel mercato. Inoltre, favorisce l’innovazione e lo sviluppo tecnologico, offrendo incentivi alle imprese che investono in soluzioni sostenibili, stimola la creazione di nuovi posti di lavoro nell’industria delle energie rinnovabili e in altri settori correlati.

Il nodo energetico per la produzione di alluminio primario in Unione Europea

Nell’ottica di puntare al ritorno della produzione di alluminio primario nel vecchio continente, l’energia nucleare va considerata una risorsa da prendere in considerazione per l’Unione Europea sia nella lotta contro il cambiamento climatico attraverso la decarbonizzazione, sia per contribuire alla reindustrializzazione del vecchio continente. È ben noto il peso dei costi energetici nel ciclo tipico di produzione dell’alluminio primario.

Lo sviluppo della produzione di alluminio da riciclo ad alta qualità ha indubbiamente compensato le necessità di metallo primario di cui l’UE ha ormai raggiunto un rischioso deficit di oltre l’80% del fabbisogno, ma è matematicamente certo che il secondario non potrà in alcun modo colmare le necessità in UE di alluminio grezzo negli anni futuri. L’energia nucleare offre una soluzione concreta per ridurre le emissioni di carbonio nell’atmosfera e rappresenta una fonte affidabile in grado di sostenere una transizione energetica efficiente ed efficace, può avere un ruolo importante nella reindustrializzazione della produzione di alluminio elettrolitico in UE, e può rendere competitivo l’accesso alla materia prima da parte del downstream domestico, oggi anche gravato in UE dall’irragionevole peso del dazio all’import del grezzo.

Difficile accesso alla materia prima: il dazio all’import in UE di alluminio grezzo è un freno alla competitività

Il dazio all’import di alluminio grezzo, una materia prima che manca in UE per quasi l’85% del fabbisogno delle imprese manufatturiere, è in realtà una misura inflattiva, un beneficio per alcuni produttori di grezzo primario e per i produttori di alluminio secondario, una categoria da sostenere, ma non con un sussidio occulto ai danni del resto della filiera a valle.

Secondo gli studi LUISS del 2015 e del 2019, l’inconcepibile tariffa sul grezzo è un extracosto per trasformatori e gli utilizzatori a valle di alluminio in UE, con un danno stimato allora tra 50 e 80 euro per tonnellata, costituisce un naturale e rischiosissimo ostacolo al flusso di metallo in UE.

La Commissione Europea aveva recepito nel 2007 con l’allora commissario al Commercio Lord Mandelson l’opportunità di smantellare una tariffa già poco credibile in quegli anni; ma non ha evidentemente recepito le esigenze del mercato reale dell’UE e di quel 90% silenzioso del sistema alluminio composto da piccole e medie aziende di trasformazione, lavorazioni e manifattura a valle, concedendo spazio alle pressioni delle forti lobbies internazionali che non hanno come obiettivo principale lo sviluppo e la competitività del mercato dell’alluminio locale in UE.

È difficile comprendere i motivi per cui non sia stato completato il percorso iniziato nel 2007 di eliminazione di una già insostenibile tariffa quando in UE si producevano oltre 3 milioni di t di grezzo primario, di fronte alla decisa scelta dei grandi primaristi mondiali di scomparire dal contesto europeo, e al conseguente crollo della produzione di primario in Unione a poco più di 1 milione di t. Ci aspettiamo che finalmente i decisori a Bruxelles assolvano al compito di difendere la competitività dell’industria globale dell’alluminio in UE e recepiscano le richieste dei rappresentanti del 90% silenzioso della filiera alluminio.

Le nuove distorsioni di mercato

È questo l’ultimo capitolo delle cose irragionevoli che succedono all’interno del sistema industriale dell’alluminio in UE. Ci riferiamo alle continue pressioni per l’introduzione di divieti e sanzioni all’import del metallo primario, la materia prima che come abbiamo visto ci serve assolutamente.

Queste pressioni appaiono come un ulteriore tentativo oligopolistico di estromettere forzatamente dei concorrenti, con il disegno finale di mettere l’UE nella posizione di mercato vincolato, con l’impatto devastante che qualsiasi restrizione delle forniture di metallo potrebbe avere sulla filiera completa dell’alluminio in UE.

Il tutto a grave danno delle piccole e medie imprese del downstream che costituiscono il 90% della forza lavoro dell’industria europea del metallo leggero e il 70% del fatturato, che non hanno rappresentanza ufficiale e i cui interessi vengono da anni completamente calpestati su questioni fondamentali come la politica commerciale e di approvvigionamento.

Conclusioni

Abbiamo preso in esame i diversi fattori che possono influire sul percorso competitivo dell’importante filiera dell’alluminio in Unione Europea. Abbiamo registrato le buone potenzialità espresse dal settore negli scorsi decenni, le grandi trasformazioni e le notevoli prospettive di crescita del sistema globale, alcuni dei grandi mutamenti nel vecchio continente e i conseguenti rischi e opportunità.

Si è visto che da parte dell’industria ci sono stati da tempo e con continuità segnali precisi circa le esigenze di base, sono mancate da parte dei decisori scelte coraggiose e lungimiranti in temi di grande rilievo come energia ed equo accesso alla materia prima.

L’industria downstream dell’UE, che rappresenta il 90% dell’occupazione nell’industria dell’alluminio e circa il 70% del fatturato, è in costante sviluppo. Il consumo di semilavorati di alluminio nell’UE è in graduale ripresa; le maggiori economie dell’UE – Francia, Germania e Italia – nei prossimi5 anni, secondo le previsioni degli analisti, richiederanno 1milione di tonnellate di semilavorati all’anno in più rispetto a oggi, per alimentare un manufatturiero a valle di migliaia di imprese, la maggior parte di piccole e medie dimensioni.

Per garantire questa evoluzione, l’UE dovrebbe concentrarsi su questi aspetti dello sviluppo dell’industria dell’alluminio:

  • Assicurare fornitura competitiva e adeguata di materie prime al settore a valle, la parte principale della catena del valore del settore che impiega quasi tutta la sua manodopera;
  • Evitare qualsiasi interruzione delle catene di approvvigionamento di alluminio primario a basse emissioni di carbonio; è importante che nel contesto della crescente concorrenza globale per l’alluminio a basso contenuto di carbonio, l’UE sia in grado di trattenere quei fornitori che aiutano a produrre prodotti a valle che soddisfano elevati standard di prestazioni ecologiche e qualità;
  • Dare la massima attenzione alla preservazione e modernizzazione del settore primario dell’UE e allo sviluppo delle capacità di recupero e riciclo.

Molte future opportunità sono aperte per l’alluminio dai nuovi percorsi verso la transizione ecosostenibile. Abbiamo una grande tradizione ultracentenaria di alta tecnologia nello sviluppo delle applicazioni dell’alluminio e sue leghe, sarebbe un gravissimo errore non sostenere come necessario le piccole e medie imprese che in UE e in Italia hanno reso grande nel mondo questo segmento industriale.

 

Fonte: A&L Aluminium Alloys Pressure Diecasting Foundry Tecniques