anodizzazione leghe da pressocolata

Anodizzazione di leghe da pressocolata: una sfida nel settore automotive

In ambito industriale, in particolar modo nel settore automotive, l'impiego dei processi di pressocolata è in continua crescita. Questo incremento è legato alla possibilità di produrre, attualmente, componenti in grandi volumi e dimensioni con elevata cadenza produttiva. Le leghe secondarie del sistema Al-Si-Cu sono tra quelle più impiegate nella fonderia di pressocolata. Per aumentarne le proprietà superficiali, in termini di resistenza a corrosione e usura, si può ricorrere a un trattamento anodico per leghe per l’automotive. Nonostante ciò, tale processo presenta delle difficoltà quando applicato a leghe a elevata concentrazione di elementi, come le leghe da pressocolata, o in componenti con imperfezioni superficiali. In questo lavoro, verranno presentati i principali vantaggi e criticità del processo di anodizzazione di leghe da pressocolata. In particolare, saranno illustrati i risultati della ricerca condotta su trattamenti di anodizzazione di leghe da pressocolata AlSi9Cu3(Fe) al variare del tenore di Fe e Mn.

L'alluminio nella produzione di componenti automotive: una panoramica

Dal punto di vista industriale l'alluminio è, negli ultimi anni, il materiale al centro dell'interesse generale; uno dei settori che ha eletto l'alluminio a materiale del presente e del futuro è quello automotive. Questo interesse è legato alla necessità di ridurre il peso dei componenti, incrementare la sicurezza e le performance del veicolo e, contemporaneamente, prestare attenzione al consumo di carburante e alle emissioni.

L'alluminio commercialmente puro viene prodotto mediante processo elettrolitico. La produzione di alluminio ha nel consumo di energia il suo punto debole; per ogni tonnellata di alluminio cosiddetto primario è richiesta una potenza elettrica di circa 17000 kWh e nel 2020 è stato oltrepassato il miliardo di tonnellate di CO2 equivalenti, pari a circa il 2% delle emissioni totali dell'anno. Per questo motivo, negli ultimi anni si è cercato di puntare maggiormente sulla produzione di leghe secondarie, derivanti cioè dal riciclo di scarti di produzione o da componenti a fine vita. Il riciclo dell'alluminio è estremamente vantaggioso dal punto di vista energetico poiché il fabbisogno energetico richiesto per la produzione di una lega secondaria è 10-15 volte inferiore a quello necessario per la produzione di leghe primarie. Per produrre 1 kg di alluminio da riciclo occorrono mediamente 9.2 MJ contro i 144.6 MJ necessari per la stessa quantità di alluminio primario.

Esistono vari metodi per processare le leghe di alluminio ma, attualmente, uno dei più utilizzati è la pressocolata (o high pressure die casting). Il processo consiste nell'iniettare ad elevate velocità il metallo fuso all'interno di uno stampo. I vantaggi, però, non si esauriscono con la velocità di processing poiché la pressocolata permette di ottenere componenti near-net shape con un'ottima finitura superficiale e un controllo dimensionale ottimale. Tutto questo si inserisce nel concetto di risparmio e sostenibilità poiché vengono significativamente ridotte le fasi di post-processing.

Un settore specifico come quello automotive richiede proprietà e prestazioni mirate. Per raggiungere questo scopo, utilizzando l'alluminio, si fa ricorso al processo di anodizzazione dal momento che permette di ottenere uno strato a elevata durezza in grado di fornire anche una notevole resistenza a usura e corrosione. L'ossido formato è uno strato ordinato di celle esagonali chiuse alla base, ognuna delle quali presenta un poro centrale che si estende dal basso fino alla superficie della cella stessa. Osservando la sezione dello strato si possono notare due zone ben distinte: lo strato protettivo alla base e uno strato poroso che costituisce le pareti della cella.

Tra le leghe di alluminio l'idoneità al trattamento anodico per leghe per l’automotive è variabile; in particolare, le leghe secondarie da pressocolata sono tra quelle che presentano più criticità a causa della presenza elevata di composti intermetallici e difetti superficiali che fungono da antagonisti allo sviluppo ottimale dello strato di ossido.

L'esigenza delle case automobilistiche di avere accesso a componenti in alluminio ad alta resistenza e peso ridotto unitamente al crescente utilizzo di leghe secondarie che rispettino i criteri di sostenibilità, hanno spinto diversi gruppi di ricerca a concentrarsi sull'ottimizzazione del trattamento di anodizzazione in modo da consentire l'ottenimento di risultati soddisfacenti anche quando applicato a componenti pressocolati. Questa memoria ha lo scopo di illustrare i punti di forza e le criticità presenti nel processo di anodizzazione di leghe da pressocolata per la produzione di componenti automotive in alluminio.

Fattori critici nel trattamento anodico delle leghe per automotive

Sono molti i parametri che influenzano la risposta di una lega al trattamento di anodizzazione a parità di condizioni di processo. Quelli che mostrano l'impatto più significativo risultano essere: la composizione chimica della lega, soprattutto dal punto di vista della presenza di impurezze, la dimensione e la morfologia di composti chimici, le lavorazioni meccaniche. La presenza di elementi di lega in soluzione solida generalmente non modifica il risultato del trattamento di anodizzazione mentre, precipitati e intermetallici presenti nella microstruttura del materiale possono intaccare l'integrità dello strato protettivo sviluppatosi.

L'anodizzazione è un processo elettrochimico che coinvolge il trasferimento di elettroni tra anodo e catodo, operato mediante il passaggio di corrente elettrica nel circuito. Questo implica che, qualora nel materiale si sviluppi una disomogeneità elettrochimica il risultato sarà lo sviluppo di un fronte di avanzamento dello strato di ossido secondo direzioni preferenziali, corrispondenti alle zone nelle quali è presente la minore resistenza elettrica.

Uno dei principali elementi presenti in lega che vengono classificati come indesiderati è il ferro, poiché rende lo strato di ossido meno resistente alla corrosione e duro; ne compromette inoltre l'uniformità. La fase microstrutturale più deleteria è la fase aciculare β-Al5FeSi che funge da zona di concentrazione degli sforzi e da zona preferenziale per la formazione e propagazione di cricche. In letteratura è frequente trovare studi relativi all'influenza del ferro e di come il suo effetto sulle proprietà del materiale vari al variare della dimensione e della morfologia degli intermetallici ricchi di questo elemento. Nel caso delle leghe di alluminio secondario, la presenza del ferro è inevitabile dal momento che il rottame presenta un notevole contenuto di impurezze, soprattutto se ottenuto da prodotti giunti a fine vita; in particolar modo, nei getti prodotti tramite pressocolata la presenza di ferro è necessaria perché contrasta il fenomeno della metallizzazione e, di conseguenza, aumenta la vita degli stampi.

Altro elemento critico per lo sviluppo di uno strato di ossido compatto è il rame. Quest'ultimo, quando inglobato nello spessore anodizzato, porta allo sviluppo di cricche interne e porosità; inoltre, all'aumentare del contenuto di rame, si nota una progressiva diminuzione della durezza e della resistenza all’usura dello strato di ossido formatosi. Il silicio viene inserito nelle leghe secondarie per incrementare la colabilità della lega stessa e ridurne il ritiro volumetrico durante la fase di solidificazione. Il silicio induce, però, la formazione di una struttura eutettica Al-Si che limita lo spessore di ossido ottenibile e favorisce l'insorgenza di cricche, porosità e zone non anodizzate a causa della sua ossidazione più lenta in relazione alla velocità di ossidazione dell'alluminio.

Oltre alla composizione chimica della lega, a giocare un ruolo importante è la lavorazione meccanica del componente. Il trattamento anodico per leghe perl’automotive di un componente grezzo piuttosto che sabbiato o lavorato meccanicamente genera risposte differenti. In particolare, l'effetto più evidente è l'aumento di spessore ottenibile dalla rimozione dello strato corticale nel quale sono evidenti fenomeni segregativi di arricchimento degli elementi. Le lavorazioni meccaniche per asportazione di truciolo, su tutte, consentono di esporre all'interfaccia, sulla quale avviene il trattamento, una quantità maggiore di matrice di α-alluminio; questo substrato risulta essere quello più adatto ai fini dello sviluppo di uno strato di ossido compatto, duro e altamente resistente a corrosione.

Caso studio: anodizzazione di leghe da pressocolata per componenti automotive

Una delle leghe secondarie che sta ottenendo i maggiori consensi nell'industria automotive è la lega AlSi9Cu3(Fe) designata come EN AC-46000 secondo normativa EN 1706:2020. Il suo largo utilizzo è legato all'eccellente fluidità combinata a buone proprietà meccaniche.

Data l'elevata presenza di elementi inquinanti, si rende necessaria la modifica della lega con aggiunte più o meno mirate di alliganti, tra tutti Mn. Quest'ultimo elemento, infatti, riesce a migliorare le proprietà meccaniche sia a temperatura ambiente che a caldo; inoltre, può mitigare gli effetti deleteri indotti dalla presenza del ferro in lega riducendo le dimensioni della fase β-Al5FeSi o sostituendo questa con fasi meno dannose per le prestazioni della lega.

In questo progetto di ricerca, lavorando su una lega della serie AlSi9Cu3(Fe) da pressocolata, sono state effettuate variazioni sistematiche del tenore di ferro e manganese su due livelli ottenendo quattro differenti composizioni sperimentali. Per verificare l'influenza della lavorazione meccanica, metà delle piastre prodotte con le diverse leghe ottenute, sono state analizzate dopo aver asportato, mediante fresatura, 1.5±0.1 mm dalla zona corticale. Il trattamento di anodizzazione è stato eseguito utilizzando un impianto industriale.

Per valutare le differenze che intercorrono tra le diverse formulazioni e tra gli strati di ossido ottenuti a partire dai diversi substrati, è stata effettuata sia una caratterizzazione microstrutturale sia una caratterizzazione meccanica. Nello specifico è stata analizzata la microstruttura del substrato allo stato pressocolato e allo strato lavorato; è stato analizzato lo spessore di ossido ottenuto e questo è stato caratterizzato meccanicamente attraverso prove di micro-durezza, prove ad usura e test di scalfittura.

Dalle analisi microstrutturali emerge che al variare del contenuto di ferro e manganese corrisponde una variazione nella morfologia dei composti ricchi in ferro. In particolare, se viene aumentato solo il tenore di ferro si riscontra un aumento della presenza di fase β-Al5FeSi aciculare; mentre l'aumento di manganese favorisce lo sviluppo di intermetallici in ferro di forma compatta. Laddove le concentrazioni di ferro e manganese sono massime, si osserva l'assenza della fase β a testimonianza di come il manganese agisca nei cambiamenti microstrutturali della lega. Si evince inoltre come non ci sia un effetto evidente della variazione del tenore di Fe e Mn sullo spessore dello strato anodico; al contrario, è significativo l'effetto nell'anodizzare un componente lavorato piuttosto che grezzo.

I test di micro-durezza Vickers sono stati condotti lungo la sezione trasversale dello strato di ossido ottenuto a partire da un substrato lavorato; i carichi applicati e il tempo di mantenimento sono in accordo con le indicazioni presenti nella norma ASTM E384-17. Dall'analisi dei risultati si evince che un aumento del tenore di ferro in lega, consente di ottenere uno strato di ossido più duro rispetto alla lega di partenza, soprattutto quando accompagnato da un aumento del tenore di manganese. I test di usura sono stati eseguiti in configurazione ball on disc, su provini circolari, sfruttando una sfera di allumina come corpo antagonista. Dalla traccia ad usura è stato possibile risalire al volume di materiale asportato e calcolare i valori di wear rate mediante la formula:

w = V / (L * N)

in cui V è il volume asportato, L è la distanza di strisciamento percorsa ed N il carico applicato durante la prova. A valori di wear rate minori corrisponde una resistenza ad usura più elevata.

È possibile notare come il valore di wear rate diminuisca all'aumentare del tenore degli elementi in lega; in particolare, il manganese sembra riuscire a contenere gli effetti deleteri degli intermetallici in ferro. La lega con formulazione Fe1.3%-Mn0.55%, in cui è massima la resistenza all’usura, presentava il maggior valore di durezza a conferma del fatto che l'usura, seppur dipendente da molti fattori, è strettamente legata alla durezza del materiale testato. Infine, dai test di resistenza a scalfittura, non emergono differenze significative nei valori di carico critico ottenuti; il dato interessante è la maggior resistenza dei provini anodizzati a partire dal substrato pressocolato. Questo risultato è probabilmente legato ai valori di rugosità superficiale che risultano, dopo anodizzazione, minori sui campioni trattati allo stato pressocolato.

Prospettive per l'ottimizzazione dell'anodizzazione nelle leghe da pressocolata

Dalle ricerche e dalle analisi effettuate in questo lavoro si evince che le leghe di alluminio da pressocolata possono essere sottoposte con buoni risultati a trattamenti post-casting di anodizzazione. Nello specifico, si può concludere che:

  • Aumentando il tenore di manganese in lega è possibile bilanciare gli effetti negativi legati alla presenza del ferro;
  • La lavorazione meccanica per asportazione di truciolo consente di ottenere spessori di ossido anodico maggiori;
  • Un aumento del tenore di ferro permette lo sviluppo di uno strato anodico più duro e resistente ad usura, soprattutto quando bilanciato da un elevato tenore di manganese.

Per ottimizzare ulteriormente il processo di anodizzazione di leghe da pressocolata per la produzione di componenti automotive in alluminio è necessario effettuare ulteriori test utili a valutare l'influenza della variazione della chimica sulla resistenza a corrosione. Inoltre, occorre valutare l'influenza di parametri legati al processo di ossidazione anodica come: l'elettrolita utilizzato, i tempi di permanenza nel bagno e la densità di corrente.

 

Fonte: E. Giansante, G. Scampone e G. Timelli per In Fonderia – Il magazine dell’industria fusoria italiana